L’avvento delle tecnologie digitali ha reso lo smart working un concetto sempre più praticato nel panorama delle economie avanzate. Se, tuttavia, si tratta di una modalità di lavoro presente già da diversi anni – principalmente all’interno dei grandi gruppi multinazionali e in via minoritaria anche nelle altre imprese del tessuto produttivo europeo – è certo che essa ha assunto centralità durante l’attuale emergenza sanitaria. Con le misure di distanziamento fisico adottate dalla quasi totalità dei governi europei, infatti, lo smart working è diventato per quasi tutte le attività manifatturiere e i servizi non essenziali, l’unica modalità possibile per garantire continuità produttiva. Questa improvvisa accelerazione dei processi di diffusione di questa modalità di lavoro ha messo in luce le problematiche legate al lavoro a distanza e ha imposto una riflessione da parte di tutte le componenti della società civile. Ci riferiamo ai temi della conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, alla sicurezza e all’ergonomia delle postazioni di lavoro, al grado di autonomia e alle modalità con cui rimanere connessi con la dirigenza aziendale e con i propri colleghi, al tema dell’individualizzazione del lavoro e a tutta una serie di problematiche che sono emerse in questi ultimi mesi di utilizzo forzato della modalità di lavoro in remoto.

All’interno di questo dibattito si colloca questo breve approfondimento che è stato pensato per offrire al sindacato uno strumento di analisi che consenta di contestualizzare lo smart working nell’ambito europeo e analizzare le sue criticità e le possibili risposte in termini di rivendicazioni. Si tratta di un testo che pur partendo da un’analisi generale del concetto di lavoro agile, delle sue forme di regolazione e del suo sviluppo nel contesto italiano ed europeo, avrà un focus principale sul suo impatto nel lavoro femminile e sulle possibili risposte sindacali al fine di fornire spunti di riflessione utili in sede di negoziazione con le istituzioni e nella contrattazione di secondo livello.

In questa prospettiva, l’indagine è stata pensata per una triplice funzione: diventare uno strumento di approfondimento tematico da utilizzare per la formazione sindacale; realizzare un breve testo di ricerca utile a riassumere il quadro statistico disponibile e le principali evidenze proposte in letteratura; costruire uno strumento di lavoro che offra al sindacato spunti da cui partire per definire una serie di rivendicazioni per la negoziazione degli accordi di secondo livello e per i tavoli di confronto con le istituzioni.

Il percorso di analisi così proposto si compone di quattro distinti blocchi tematici al fine di fornire una ricostruzione del lavoro agile in chiave multidisciplinare. Un primo blocco di natura giuridica, in cui viene fornita una definizione operativa del concetto di smart working e una sintesi di come il legislatore italiano ha inteso regolare questa modalità di lavoro, mettendo in relazione con le scelte dell’attore comunitario e degli altri governi europei. Il secondo blocco, invece, sviluppa un’analisi sulla diffusione del fenomeno in Europa e in Italia, offrendo una lettura di come questo si sia sviluppato tra la popolazione femminile e tra le diverse tipologie di lavoratori. Il terzo blocco, invece, ha l’obiettivo di investigare le implicazioni dello smart woking sul modo di lavorare con un focus prevalente sulla forza lavoro femminile. Infine, l’ultimo blocco tematico mette in fila quelle che possono essere le politiche pubbliche e le risposte di natura negoziale che potrebbero essere sviluppate per ampliare la platea dei diritti delle lavoratrici e mitigare gli effetti negativi dello smart working.

Rendere smart il lavoro agile delle donne: tra diritti, tutele e conciliazione.

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