Le nuove frontiere della bilateralita’ artigiana Lombarda
L’artigianato rappresenta uno dei principali ambiti in cui la bilateralità ha saputo svilupparsi dando origine a un articolato sistema di prestazioni e servizi a sostegno delle imprese e dei lavoratori.
A seguito della crisi del sistema fordista di produzione e la conseguente affermazione di un modello di sviluppo più fluido e reticolare, è radicalmente aumentata la centralità delle piccole e medie imprese che, specialmente in Italia, hanno saputo offrire un’importante apporto alla crescita economica e allo sviluppo delle competenze dei lavoratori.
In questo contesto l’artigianato ha svolto un ruolo di particolare rilievo, inserendosi sul mercato e caratterizzando buona parte di quel marchio di qualità riconosciuto in tutto il mondo come made in Italy.
Oltre a un incremento della sua portata economica, l’artigianato si è progressivamente emancipato dal suo pro lo originario di lavoro prevalentemente autonomo, per confondersi nell’universo della piccola impresa assumendo nuova prospettiva. Parlando di artigianato oggi, infatti, non ci riferiamo più esclusivamente alla bottega gestita dal singolo maestro artigiano ma a un contesto lavorativo più strutturato, stabile e duraturo che per questa ragione necessita di un adeguato livello di tutele.
Una progressione di ruolo che però come noto sia in Italia che nel resto d’Europa non ha contribuito ad accorciare le distanze di protezione sociale rispetto al sistema delle medie e grandi imprese.
Contraddizione che è esplosa in tutta la sua evidenza in questa lunga fase di crisi che ha intaccato profondamente la capacità competitiva e di tenuta occupazionale di quella componente del sistema artigiano che era in ritardo rispetto ai vincoli di innovazione strategia ed organizzativa imposta dal mercato.
Ne è testimonianza non solo una forte contrazione dell’occupazione dipendente, ma anche un tasso di crescita delle imprese artigiane inferiore a quello del totale dell’economia, segnando per la prima volta una rilevante discontinuità rispetto agli anni precedenti che avevano evidenziato un carattere prevalentemente anticiclico nello sviluppo della produzione artigianale.
Siamo, quindi, in presenza di un sistema produttivo che presenta un livello di tutele più mitigato e che si è dimostrato vulnerabile rispetto alla fase economica. Si tratta di elementi di fragilità che hanno stimolato le parti sociali a formulare proposte innovative per tutelare quei bisogni propri del settore che difficilmente avrebbero potuto trovare un’efficace soluzione all’interno di un modello di relazioni sindacali e di welfare pubblico incentrato sulle medio grandi imprese.
Nel merito, è possibile far sintesi intorno a tre condizioni che hanno svolto un ruolo propulsivo nello sviluppo dell’attuale sistema di relazioni industriali nell’artigianato e conseguentemente del suo modello di bilateralità.
La prima condizione, riguarda il welfare pubblico e più in generale i principali istituti di diritto del lavoro. Nel nostro contesto nazionale, infatti, queste due sfere si sono sviluppate principalmente in relazione al settore industriale e all’impresa di medio grandi dimensioni. Solo attorno al 1975 alcuni istituti di protezione sociale, quali l’assicurazione di disoccupazione, hanno subito un progressivo processo di estensione dei loro con ni (Balandi 2007). Si tratta, tuttavia, di un percorso che storicamente ha lasciato escluso il comparto artigiano. Ci riferiamo, in particolare modo alla Cassa Integrazione Guadagni, la cui mancata applicazione agli artigiani ha certamente inciso sulla sicurezza sociale degli addetti di questo comparto.
In un tale contesto, il passaggio dalla cosiddetta età dell’oro del welfare a quella d’argento (Ferrera 2007) o in altre parole a quella trasformazione da un welfare a carattere esclusivamente pubblico a uno in cui più soggetti concorrono alla sua erogazione, ha spinto le parti alla creazione di istituti mutualistici di natura contrattuale al ne di svolgere una vera e propria «opera di tappabuchi, rimediando ove possibile alle numerose aporie e ai vistosi deficit di protezione» (Balandi 2007: 603).
La seconda condizione va rintracciata nei rapporti di lavoro e nelle modalità produttive proprie del comparto. L’impresa artigiana, infatti, ha delle caratteristiche del tutto originali per tipo di attività, dimensione aziendale e modello organizzativo. Siamo in presenza di una tipologia d’impresa che è strutturalmente di piccole dimensioni, dove la distinzione imprenditore-lavoratori presenta un carattere più sfumato in quanto il datore di lavoro svolge anch’esso in prima persona l’attività lavorativa, dove l’attività economica si caratterizza per la produzione di beni e servizi non standardizzati in cui la flessibilità e un certo grado di discontinuità lavorativa rappresentano aspetti ricorrenti.
Si tratta di elementi che se da un lato introducono fattori di complessità nell’esercizio della rappresentanza, dall’altro lato, per la minor distanza tra capitale e lavoro e la maggior condivisione di alcune problematiche, amplificano gli ambiti di reciproca convenienza permettendo di attivare un approccio alle relazioni industriali di stampo più cooperativo.
La terza condizione, in stretta connessione con quanto abbiamo appena detto rispetto alle caratteristiche strutturali dell’impresa artigiana, riguarda gli elevati fabbisogni formativi dell’artigianato. A questo riguardo, utilizzando le parole di Richard Sennett (2008), la produzione artigianale impone oltre che conoscenza tecnica anche maestria, intesa come dedizione, passione per il proprio lavoro e capacità di immaginazione. Secondo l’idea di Sennett, quindi, l’artigiano non è soltanto colui che dispone di competenza tecnica, ma è anche un lavoratore che mette in gioco la propria identità individuale. Da qui lo stretto connubio tra il rigoroso processo di apprendimento, che porta l’apprendista artigiano ad acquisire competenze e quello creativo di rielaborazione cognitiva. In quest’ottica, quindi, la formazione e la salvaguardia della professionalità si caratterizzerebbero come la chiave di volta per garantire competitività e stabilità al sistema dell’artigianato.
Questi elementi hanno fatto emergere un terreno comune su cui le parti sociali, talvolta di concerto con l’attore pubblico, hanno potuto concentrare i proprio sforzi per tutelare il lavoro e le imprese dell’artigianato. Un terreno comune che è alla base della decisione di formalizzare sedi stabili di confronto e di intervento verso imprese e lavoratori per supportarne il processo di adeguamento delle competenze tecniche, ma anche per colmare quel gap di protezione e welfare rispetto al resto del sistema produttivo.
Grazie a questa decisione di accedere all’opportunità della bilateralità, l’artigianato è rapidamente passato da una situazione di arretratezza a luogo di sperimentazione di assetti contrattuali e di soluzioni mutualistiche negoziali per rispondere alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. Da questo punto di vista la Lombardia ha rappresentato uno dei luoghi più dinamici che, come nel caso dell’accordo del 2008 sull’universalizzazione delle prestazioni, ha anticipato i contenuti della successiva contrattazione interconfederale a livello nazionale.
Le nuove frontiere della bilateralita’ artigiana Lombarda
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