La contrattazione regionale di categoria artigiana: un’evoluzione attesa?
Le relazioni industriali nel comparto artigiano si sono misurate con diversi problemi e caratteristiche settoriali prima di riuscire ad affermarsi. Ci riferiamo, innanzitutto alle dimensioni d’impresa, tipicamente piccolissime e al peculiare rapporto fra lavoro dipendente e lavoro autonomo. In questa prospettiva, il cambiamento più importante è avvenuto negli anni ’80, quando la grande impresa italiana entrò in una crisi rivelatasi poi irreversibile. In quella fase, le aziende artigiane hanno rovesciato un’immagine radicata di arretratezza, affermandosi come una risorsa chiave nella modernizzazione del sistema produttivo italiano e della sua identità distintiva, in grado di offrire non solo nuova occupazione ma soprattutto prospettive professionali, tanto da dipendente quanto da imprenditore.
Si è, così, rapidamente passati da una situazione di “arretratezza” o, al più, di riproduzione parziale dei settori industriali fino a tutti gli anni ‘70, a un luogo di sperimentazione di nuovi assetti contrattuali, anticipando – con l’accordo interconfederale (AI) del 1992 – gli assetti del protocollo del 1993, come succede spesso fra i late comers. Tale capacità di cambiamento si è mantenuta nel tempo, anche se il processo è stato tutt’altro che semplice e lineare, né esente da resistenze o duri conflitti prima e dopo quell’accordo.
Grazie a queste caratteristiche, le relazioni industriali del comparto artigiano sono oggi fra i laboratori più interessanti a livello europeo. Il loro assetto regolativo, imperniato sugli enti bilaterali, ha attirato l’attenzione tanto delle parti sociali di altri paesi, come la Francia, ma anche delle istituzioni europee. Il modello di relazioni industriali dell’artigianato, infatti, si è dimostrato capace di contenere i rischi connessi con la piccola dimensione (limitata protezione sociale, sicurezza sul lavoro) attraverso soluzioni che non ne hanno compromesso la flessibilità, assicurando al contempo standard sempre più elevati di qualità.
A fronte di queste caratteristiche distintive, la letteratura scientifica non sempre si è dimostrata attenta. Con il presente contributo si intende colmare almeno in parte questo vuoto. Dopo aver ricostruito nel paragrafo 2 le varie fasi del modello contrattuale artigiano e identificato lo spazio previsto per la contrattazione regionale di secondo livello dalle intese interconfederali, nel paragrafo 3 si descriverà come gli ultimi contratti nazionali delle aree tessile e chimica abbiano recepito i nuovi indirizzi definiti a livello interconfederale. Quindi, si analizzeranno i contratti regionali oggi in vigore in cinque regioni italiane in queste due aree (par.4), discutendo nelle conclusioni le interazioni fra settore e territorio di questi ultimi, in particolare fra contrattazione, enti bilaterali e le forme di diffusione delle soluzioni innovative (par. 5).
La contrattazione regionale di categoria artigiana: un’evoluzione attesa?
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