Fuori dal nero: prevenzione e contrasto

La questione dell’economia sommersa e del lavoro irregolare da oltre un decennio è diventata uno dei temi chiave del processo di sviluppo dell’area dei paesi dell’Unione europea In questa direzione è andata la Commissione, che, attraverso una serie di atti formali (Essen 1994; Lussemburgo 1997; Lisbona 2001 e Consiglio europeo del 22 luglio 2003), ha richiesto agli Stati membri di inserire il problema del lavoro irregolare nei Piani Nazionali d’Azione per l’Occupazione (NAP’s) All’interno di questa esplicita attenzione dell’Ue verso il sommerso, un ultimo passaggio importante è senz’altro la Decisione del Consiglio europeo del 22 luglio 2003, il quale, de nendo le nuove guidelines sulle politiche degli Stati membri in materia di occupazione, oltre a confermare la lotta al sommerso tra le priorità dello sviluppo ed indicare delle aree di intervento, invita gli Stati ad intraprendere gli sforzi necessari per dotarsi di un apparato metodologico per la misurazione quali-quantitativa del fenomeno e la valutazione del livello di ef cienza e di ef cacia degli interventi proposti.

Il primo atto di questo impegno alla misurazione del fenomeno è stato ovviamente quello di affrontare il problema della de nizione di economia sommersa e di lavoro irregolare A questo proposito, in attuazione del vincolo della comparabilità dei dati, tutti i paesi hanno aderito alla de nizione internazionale di sommerso statistico contenuta nel Sec95 in cui si traccia una separazione tra economia criminale, economia informale ed economia sommersa.

Rispetto a questa classificazione, il sommerso economico si caratterizza per il deliberato intento di violare una normativa, senza che però quest’azione rappresenti un illecito penale Il perimetro del sommerso economico diventa, quindi, quel complesso di attività di impresa di cui la pubblica amministrazione non ha conoscenza: per motivi di evasione scale e contributiva, per la mancata osservanza della più complessiva normativa sul lavoro, per illeciti in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, e per la mancanza di permessi ed autorizzazioni amministrative

L’economia informale è, invece, formata da quelle unità che hanno in comune con il sommerso lo svolgimento di una attività legale, disapplicando le normative che regolano l’economia, ma che se ne differenzia perché viene esclusa dalla misurazione degli illeciti, in quanto le sue caratteristiche di basso livello di organizzazione, scarsa (o assente) distinzione tra capitale e lavoro, prevalente destinazione al consumo familiare, rapporti di lavoro occasionali regolati dalle relazioni personali o familiari, non consentono di inquadrarla nell’ambito delle attività imprenditoriali.

Più marcata è, invece, la differenza con l’economia criminale, a cui nell’ambito dell’economia non uf ciale sono ricondotte tutte quelle attività di produzione e distribuzione di beni

e servizi illegali e quelle attività che risultano illegali in quanto svolte da un operatore non autorizzato

Alle tre componenti sopra elencate si può aggiungere quella parte di economia legale, che, per difficoltà di rilevazione, si sottrae alla rilevazione statistica pur rispettando la normative Le ragioni alla base della citata incapacità di rilevazione di questa componente dell’economia risiedono “nella scarsa sensibilità statistica da parte di coloro ai quali è richiesta la compilazione di questionari statistici” oppure “ad inefficienze del sistema statistico” derivanti da una forte polverizzazione del sistema produttivo con la diffusione di unità produttive di piccolissime dimensioni e all’assenza di “un segnale identificativo da parte delle unità produttive” oggetto della rilevazione (liberi professionisti, consulenti, collaboratori, venditori ambulanti, etc )

In questa tripartizione dell’economia non ufficiale, un passaggio dai contorni imprecisi riguarda la separazione tra sommerso economico ed economia informale

A tal proposito è senz’altro utile ricordare che il problema della definizione dei con ni dell’economia informale (tipologia economica ampiamente utilizzata nell’attività di ricerca sin dalla sua prima apparizione nel 1972) e della possibile sovrapposizione al sommerso economico è stato argomento di un serrato confronto internazionale Un momento particolarmente importante di approfondimento di questo tema è stata la XV Conferenza Internazionale degli Statistici del Lavoro dell’International Labour Organizations (ILO), tenuta a Ginevra dal 19 al 28 gennaio del 1993

Nel corso della Conferenza furono tracciate le linee di demarcazione dell’economia informale, che, oltre a sciogliere il nodo della codi ca statistica (assunta dagli istituti statistici nazionali), hanno dato un contributo fondamentale alla soluzione del problema della relazione tra informale e sommerso In quell’occasione, infatti, è stato affermato che:

Art 5 (1) Il settore informale può essere ampiamente caratterizzato come formato da unità (…che) operano ad un basso livello di organizzazione, con poca o nessuna divisione del lavoro e del capitale come fattori di produzione e su piccola scala. Le relazioni sul lavoro – dove esistono – sono soprattutto basate sull’occupazione casuale, sui rapporti di parentela o personali, e sulle relazioni sociali piuttosto che su accordi contrattuali con formali garanzie.

Art 5 (3) Le attività svolte dalle unità di produzione del settore informale non sono necessariamente svolte con l’intenzione deliberata di evasione scale o contributiva, o di violazione delle norme sul lavoro o altre previsioni legislative o amministrative. Di conseguenza, il concetto di attività del settore informale dovrebbe essere distinto da quello relativo alle attività dell’economia nascosta o sommersa.

Un ultimo risultato importante della stessa conferenza, che rappresenta senz’altro un terzo argomento di particolare interesse nel quadro delle finalità del progetto in cui si inserisce questo rapporto, riguarda il riconoscimento della necessità di trattare l’economia informale sviluppando un approccio di analisi (anche dal punto di vista delle metodologie di rilevazione) in cui possa essere evidenziata la diversa importanza e significato del fenomeno tra paesi industrializzati (dove questa categoria economica ha dimensioni marginali) e paesi in via di sviluppo e di nuova industrializzazione, in cui, invece, il basso livello di istituzionalizzazione e regolamentazione dell’economia, generano una forte diffusione di iniziative imprenditoriali irregolari, che hanno un pro lo che rischia di confondersi con l’area dell’economia informale tracciata dalla stessa conferenza.

Un secondo esercizio fondamentale per accedere ad una analisi quali-quantitativa del fenomeno è indubbiamente la codifica di lavoro irregolare Va, infatti, ricordato che nell’ambito del sommerso economico possono essere identificate pratiche di irregolarità come ad esempio quella dell’evasione degli obblighi scali e/o delle autorizzazioni che non coinvolgono necessariamente la posizione del lavoratore.

A questo riguardo, la Commisione europea nel 1998 definisce lavoro sommerso ogni attività retribuita e lecita ma non dichiarata alle autorità pubbliche, tenendo conto naturalmente delle diversità dei sistemi giuridici vigenti negli Stati membri Applicando questa definizione, sono escluse quindi le attività criminali (produzione illegale) come anche le forme di lavoro non coperte dal quadro normativo e che non devono essere dichiarate alle autorità pubbliche, come ad esempio le attività espletate nell’ambito dell’economia familiare.

Dentro questa cornice generale, gli Stati membri, in funzione anche dei diversi obiettivi perseguiti (di tipo amministrativo o di rilevazione statistica del fenomeno), hanno proposto vari schemi de nitori Al ne di illustrare, per esempio, le diversità che caratterizzano i diversi paesi membri è possibile richiamare le definizioni presenti in tre grandi paesi europei: la Germania, la Francia e l’Italia.

Fuori dal nero: prevenzione e contrasto

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