Analisi dei fattori distorsivi connessi alla criminalità organizzata

Negli ultimi 10 anni la tesi che comincia a trovare forte consenso è quella secondo cui la criminalità organizzata, accanto ai diversi fenomeni di illegalità economica, rappresenta oggi uno dei principali ostacoli allo sviluppo e benessere di un territorio.

In questa ottica, il ripristino delle legalità diventa una vera e propria opportunità di sviluppo, mentre tassi di delittuosità elevati, criminalità organizzata, corruzione e lavoro sommerso, rappresentano ostacoli decisivi dello sviluppo economico ed esercitano un effetto di dissuasione sugli investitori potenziali, rendendo inutile ogni tentativo di valorizzare il tessuto locale dove è largamente diffusa l’illegalità.

In questa stessa direzione vanno gli organi internazionali che a più riprese evidenziano come la presenza di un’illegalità diffusa costituisce un forte disincentivo per potenziali investitori. A questo riguardo, l’OCSE, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, così come le agenzie di rating parlano di business climate o di business environment favorevole, come presupposto per attrarre investimenti. Questa condizione se da un lato la si fa discendere da aspetti più strettamente economici come la pressione fiscale, il sistema di regolazione dell’attività d’impresa, la dotazione infrastrutturale e di servizi, il capitale umano, dall’altro lato viene fortemente correlata al rilievo che concretamente assume la criminalità, la corruzione, l’evasione delle norme lavoristiche, fiscali ed amministrative.

Certamente, se si accede a questa tesi, si rende necessario, da un lato non trattare separatamente i temi della legalità, dall’altro far sì che si affermi una lettura integrata di questi fenomeni in un quadro più generale di modernizzazione del sistema socio-economico.

Questo significa in primo luogo superare un approccio culturale – terminologico che considera attività illegali solo quelle violatrici di norme penali, mentre declassa ad attività meramente irregolari, da ricondurre largamente ad abitudini e costume, quelle violatrici di norme amministrative, fiscali, parafiscali, ambientali, lavoristiche, previdenziali.

Come ben scrivono La Spina e Lo Forte, “Una terminologia del genere è fuorviante, sia perché la norma di diritto amministrativo o tributario o del lavoro violata è pur sempre «legge», sia perché violazioni del genere possono essere estremamente rilevanti per i loro effetti socio-economici, il che rende ancor più improprio il loro indulgente ridimensionamento al rango di irregolarità. Sarebbe più corretto dire che sono (letteralmente) illegali tutte le attività che infrangono una legge, distinguendo poi tra le varie forme di illegalità: di volta in volta a rilevanza penale, amministrativa, civile, tributaria, e così via”

Questo nuovo approccio secondo cui le condizioni di legalità diventano uno spartiacque per recuperare il ritardo di sviluppo, cominciano a trovare una traduzione concreata anche nelle scelte di policy. A questo riguardo, merita ricordare la densa attività di contrasto al lavoro irregolare avviata con l’esperienza del “Riallineamento” nel 1996, nonché l’avvio alla fine degli anni novanta di una programmazione sulla sicurezza centrata su obiettivi di sviluppo economico attraverso l’esperienza dei Protocolli di Legalità e le azioni programmate nell’ambito del PON sicurezza.

Ma nonostante questo sforzo, il filo che lega indissolubilmente legalità e sviluppo è ancora oggi, nella realtà dei fatti, estremamente labile e ci troviamo in una condizione assai lontana da quella di un sistema paese in cui l’esercizio dei diritti è pienamente acquisito.

Anzi, il quadro che emerge dalla realtà del nostro Paese è tutt’altro che riconducibile ad un contesto di sostanziale affermazione della legalità, segnato com’è da macroscopici deficit di rispetto delle regole.

Sono questi i presupposti su cui prende forma un progetto che prova a rafforzare l’attenzione sul rapporto legalità e sviluppo attraverso un’analisi articolata su due livelli di approfondimento: una ricostruzione, attraverso fonti statistiche e di letteratura, del fenomeno più generale dell’illegalità e della criminalità organizzata in Italia in una prospettiva di valutazione del suo impatto sul sistema socio-economico; un un’indagine qualitativa attraverso interviste alla governante di tre territori per sviluppare un approfondimento sul tema della criminalità organizzata, delle politiche e spazi di intervento per contrastarne la presenza

Con questo approccio, il report si pone come obiettivo anche quello di offrire un apparato informativo e di conoscenza che possa essere di supporto al decisore politico nell’implementazione di quel policy mix finalizzato ad arginare il fenomeno delle illegalità e per questa via accorciare le distanze di sviluppo e benessere che da troppi anni condizionano il paese.

Analisi dei fattori distorsivi connessi alla presenza della criminalità organizzata

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